Meno male che c’è il palazzo.
Se uno avesse la fortuna, di visitare il palazzo come fosse un museo, e le stanze del presidente e degli onorevoli, avrebbe la possibilità di amare di più il proprio paese. I bellissimi saloni, i tappeti, la finezza degli affreschi, degli stucchi, la luce che pende discreta da preziosissi¬me gocce, e che avvolge nel semibuio le persone e le cose, che col tempo si rassomigliano sempre di più.
Monocoli, palpebre, fronti pelate, frasi, sorrisi, vecchie seg¬giole realismo, firme, strette di mano. Tutto si rassomiglia nel semibuio, nel bazar del tempo, nel palazzo.
Qualche volta qualcuno esce, ma in punta di piedi, senza fare scandalo. E qualche volta si annuncia anche il decesso di un amico onorevole con un’indifferenza di buon tono.
Non si capisce perché, ma sembra sempre che siano le cinque del pomeriggio e che fra poco ci offriranno una tazza di tè.