La Vestizione (prosa)
Testo La Vestizione (prosa) - 1984/1985
La gente dice che non ci bada, gli uomini poi tutti, pescano a caso. E già, perché un uomo non può, capisci? Ci ha un suo rigore eh, anche allo specchio non si guarda mai no, un’occhiatina di nascosto, e via. Un po’ trasandato, spettinato. Spettinato bene, però. E si perché effettivamente bisogna dirlo, l’aspetto definisce.
Se uno porta, la giacca e la cravatta è rassicurante. Ti viene subito in mente l'ufficio, la banca, l'IVA, le bolle d’ac¬compagnamento, insomma, è uno regolare. Se però, ai piedi, porta sandali afro-cubani, attenzione, può essere già un look.
Ma a parte questo, c’è della gente che ha trovato un modo di portare la giacca e la cravatta che non è così tipicizzante. Come fanno? Io se mi metto la giacca e la cravatta, mi sento subito in banca. E se mi metto i sandali? Sono un impiegato di banca coi sandali afro-cubani.
Non c’è niente da fare per me vestirmi è diventato difficilissimo, io vorrei vestirmi, normale ecco, il normale non c'è. Magari una maglia, un paio di pantaloni, appunto uno non ci bada eh. C'è modo e modo di non badarci. Perché con una maglia targata Tacchini, sei un Tacchini. È una mania, targhette righe, taschini bordati, cervi, ochette, serpentelli, armadilli, coccodrillini. Normale non c'è.
Magari per i pantaloni è più facile, beh si, di pantaloni ce n'è una gamma infinita no, il jeans tutto sommato eh, però è un po' troppo il jeans, coi jeans, uno si vede che ha i jeans, e o so. A me piacerebbero di quel tipo lì, però un po' meno ecco, e poi la linea, il taglio: larghi di culo, stretti di culo, alti di vita, bassi di vita, larghi di coscia, corti di gamba, stretti, tutto schiacciato, stretti, stretti, a zampa!
Io ne vorrei un tipo normale, che come cominciano, finiscono. Non li fanno. Troppo stravaganti.
Adesso, devo dire, ne fanno un tipo che quasi ci siamo, mi convince perché, come dire, parte giusto, continua be¬ne, poi di colpo… (si stringono rapidamente in fondo). A questo punto metto gli stivali, e siamo a cavallo! Ecco, forse se uno va a cavallo in via Manzoni lo notano. Ecco, per uno come me che vuol essere normale, non è possibile.
Ma sì, perché per me vestirsi vuol dire sentirsi giusti, è un problema più intimo ecco, quando uno vuole essere in sintonia con le cose che mette, con gli indumenti, non sa da che parte cominciare sai. Uno alla mattina si alza, in pigiama. Ecco, ad esempio, sono un tipo da pigiama io o no? Va be',non importa, uno si alza, nudo. Alle donne piacciono quelli che dormono nudi, chissà se è vero? Va be', io mi alzo nudo, cerco, le mutande. Uno straccettino, due o tre centimetri di stoffa, che con l'elastico... (diventano piccolissime) Il problema comincia già dalle mutande capisci.
Bisognerebbe farci uno studio. Quelle lì pic¬coline sono tremende, coprono giusto giusto quello che devono coprire no, poi ven¬gono su sempre più strette, e finiscono ai lati con un filino, che è vero allunga la gamba, ma non si capisce perché io debba avere gli stessi problemi di una ballerina. Sì, non posso neanche mettermi i mutandoni, quelli lunghi dai, quelli dei colonnelli. Adesso non ne fanno più così. Adesso le fanno a righine, a quadrettini, a fiorellini, neanche brutte devo dire, però si notano dai, si notano troppo.
E’ come se uno si fosse preoccupato prima, non si sa mai, di essere elegante con giù i pantaloni dai. Ma è possibile che non si riescano a trovare un paio di slip che non venga in mente niente eh, che una donna non possa dire, ecco quello li è così, è come quelli che portano quelle mutande lì. Bisognerebbe non spogliarsi mai. Certo che anche smettere di fare l’amore, perché non si è trovata la mutanda giusta! Non è previsto neanche dalla chiesa cattolica dai.
Maledizione, non so come vestirmi, non so cosa mettermi. E pensare, che c’è della gente che può fare di tutto, può mettersi le cose più assurde e va sempre bene. E per forza loro non si vestono mica per vestirsi, no, hanno inventato, il look. Il look è, il look è praticamente come se fosse sempre carnevale, giocatori di rugby, vedove nere, cow boy, finti ciechi, arancioni, David Bowie. Tu sei lì, magari devi firmare un contratto, una cosa anche seria, arriva il commercialista, è vestito da pirata. Che c’entra è mica un pirata? E’ normale, ha il suo look. Mamma mia, mamma mia, cosa non fa la gente per farsi notare.
Però io non credo che sia soltanto un fatto di esibizione. Credo anche che sia un bisogno più intimo, legittimo. Un bisogno di sentirsi, almeno in qualche cosa, unici.
E’ come se avessimo la sensazione, di non avere più niente che ci distingua. La paura di essere tutti uguali, in tanti. E’ il numero che ci spaventa. Ma forse, forse abbiamo creato ancora più confusione, la massa non è un fatto numerico. Si può essere milioni e milioni, anche simili, e non essere massa, rimanere persone. Io credo che questo sia possibile. E si può essere invece una persona sola che è già massa. Non è il numero, è la testa.
Dall'album Io Se Fossi Gaber - tracce:
PRIMO TEMPO
- Introduzione prosa
- Io e Gli Altri
- L'Abitudine (prosa)
- Cronometrando il Mondo
- L'Intossicato (prosa)
- Luciano
- La Vestizione (prosa)
- La Massa
- Io e Le Cose
- I Posti Giusti (prosa)
- Il Tempo Quanto Tempo
- L'Audience (prosa)
- Qualcosa Che Cresce
SECONDO TEMPO
- Creato il .