Storie del Signor G (doppio DVD + un libro di 124 pagine)
Pietrasanta, 1991. Oltre 4 ore di spettacolo raccolte in due dvd e un libro di 124 pagine con i testi dei brani eseguiti. Il cofanetto "Storie del signor G", pubblicato per la prima volta in DVD nel 2005, contiene le immagini del Teatro Canzone di Giorgio Gaber e Sandro Luporini dagli esordi degli anni '70 fino alla fine degli anni '80, con qualche breve escursione nella produzione musicale degli anni '60.
Giorgio Gaber - Gli anni Novanta (doppio DVD + un libro di 124 pagine)
Gli anni novanta testimonia con immagini inedite, riprese nei teatri italiani, i più recenti e decisivi lavori del percorso gaberiano: dal "Teatro Canzone" a "E pensare che c'era il pensiero" fino a "Un'idiozia conquistata a fatica", completato dalle ultime apparizioni pubbliche del Signor G e dalle testimonianze del suo ritorno alla discografia del periodo 2001/2003.
Chiedo scusa al Signor Gaber è lo spettacolo-omaggio di Enzo Iacchetti all’amico e maestro Giorgio Gaber nel quale rivisita con particolare ironia- insieme alla Witz Orchestra e a Marcello Franzoso - il primissimo repertorio che precede la nascita del Signor G..
“Le canzoni diventano un’esilarante Helzapoppin che esplode in “Com’è bella la città”, tormentone a base di Expo in salsa “New York New York”, o in “Barbera e champagne”, in cui irrompe la citazione rap di Jovanotti. L’apice surreale è Porta Romana, che diviene “Porto Romana” e si intreccia con “Vengo anch’io” di Jannacci” (Mario Luzzatto Fegiz).
Chiedo scusa al signor Gaber è molto più di un “concerto”: le canzoni vengono stravolte, riscritte e “contaminate” con citazioni e riferimenti alla musica italiana contemporanea.
Uno spettacolo, nato da un disco definito dalla critica “uno dei migliori dell’anno”, volto a “far sì che chi conosce Gaber non lo dimentichi mai, e chi non lo conosce possa sapere quanto fosse bravo, inimitabile e irraggiungibile” (Enzo Iacchetti).
A metà degli anni ’70 Pier Paolo Pasolini scrive e pubblica “Scritti corsari”, una raccolta di articoli e riflessioni sulla trasformazione dell’Italia di quegli anni. In una intervista Gaber commenta “sviluppo senza progresso… mi sembra la sintesi più appropriata della nostra epoca”.
Pasolini analizza un sistema che sta attuando un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità, che fonda il proprio potere su una ipnotica promessa di comodità e benessere, ma che in realtà sta trasformando il cittadino in un “uomo che solo consuma”; sottolinea altresì le eccezioni, le resistenze, le sopravvivenze, ma in sostanza tende a radiografare impietosamente il proprio tempo, esasperando l’analisi per chiedere almeno una reazione, per provocare una sorta di “captatio malevolentiae”, da cui far nascere un dibattito non ipocrita.
In quegli stessi anni Gaber e Luporini non solo si muovono su una lunghezza d’onda analoga, mai bonariamente auto assolutoria, ma si nutrono e spesso condividono molte delle intuizioni pasoliniane, che trasformate e personalizzate, entrano in filigrana nei testi del teatro gaberiano.
Monologhi e canzoni come “L’appartenenza”, “Il successo”, “Gli oggetti”, “Il grido”, “Il successo” “Il cancro”, “La smorfia” fino addirittura a “La razza in estinzione” svelano palesemente questa vicinanza, questo modo disincantato e spesso amaro di guardare il mondo, la società e il proprio paese.
“Eretici e corsari” è un reading/spettacolo che si alimenta di questi materiali: monologhi, articoli, canzoni, frammenti di interviste di due artisti e intellettuali “non organici”, che non temono di compromettersi e di risultare anche scomodi, poeti d’opposizione, diversi nella libertà, che con lucida preveggenza ci svelano che “il futuro è già finito” e che sarebbe ora di tornare a privilegiare il “crescere” rispetto al “consumare”.
con Silvano Belfiore alle tastiere e Savino Cesario alle chitarre
Fra i tanti uomini di spettacolo che all’indomani della scomparsa di Giorgio Gaber hanno voluto cimentarsi nell’interpretarne l’opera, in varie occasioni, Gioele Dix è sicuramente fra coloro che a pieno titolo possono divulgare il grande messaggio dell’Artista, per il rigore, per l’affinità e per la fedeltà sempre dimostrata.
Se potessi mangiare un’idea, nato come tributo alla prestigiosa rassegna di Milano per Gaber, è andato in scena all’ Università Statale di Milano, in un’ Aula Magna gremita all’inverosimile, ottenendo un successo senza precedenti.
A seguito di tale riscontro e per una serie di sollecitazioni, lo spettacolo interpretato, drammatizzato e diretto da Gioele Dix, è ora prodotto dalla Fondazione Giorgio Gaber che lo ripropone a festival e rassegne teatrali e musicali estive.
Nel recital Se potessi mangiare un’idea - Gioele Dix racconta e canta Giorgio Gaber, ripercorrendo alcune delle tappe più significative del percorso musicale e teatrale dell’Artista. La scelta dei brani spazia liberamente nel vastissimo e prezioso repertorio gaberiano, raccogliendo perle dalle travolgenti folgorazioni di “Dialogo fra un impegnato e un non so” e “Anche per oggi non si vola”, dai tempi delle benefiche provocazioni di “Un’idiozia conquistata a fatica”, per finire ai lucidi e dolenti ripensamenti di “La mia generazione ha perso”.
Canzoni come “Il corpo stupido”, “Il potere dei più buoni”, “Un’idea”, “Ora che non son più innamorato”, “Qualcuno era comunista”, monologhi come “Il minestrone”, “Dove l’ho messa”, “La sedia”, in una selezione guidata dal gusto di un suo appassionato ammiratore testimoniano una riconoscenza artistica e professionale che il tempo non affievolisce.
Gioele Dix propone dunque il suo originale sguardo sul mondo di Giorgio Gaber, con la complicità e gli arrangiamenti di due eccellenti musicisti, Silvano Belfiore alle tastiere e Savino Cesario alle chitarre, adattandolo alle proprie corde interpretative.