G&G - Giorgio Gaber a fumetti
DA OGGI, IN LIBRERIA, LA RISTAMPA DI
DI DAVIDE BARZI E SERGIO GERASI
EDIZIONI BECCO GIALLO
La libertà è uno dei brani più noti di Giorgio Gaber e Sandro Luporini, ma non certo il più importante. Citato da tanti, anzi da troppi. E spesso pure citato male. Non stupisce che quel successo, ai due, diede fastidio. Ridurre Gaber al mantra autoassolutorio “Libertà è partecipazione”, del resto, è uno dei molti modi usati nei decenni per disinnescare la portata enorme – e spesso scomoda – del corpus gaberiano. Anche per questo Davide Barzi e Sergio Gerasi meritano un plauso: per aver evocato La libertà senza retorica, raccontandola quasi en passant e usando l’artificio ispiratissimo del testo disegnato. È una delle svariate intuizioni di un'opera che muove da un azzardo: raccontare il Signor G attraverso il fumetto. Difficile, ma non impossibile. E Barzi e Gerasi ci riescono.
Nati entrambi nei Settanta, hanno fatto in tempo a vedere Gaber ma vivranno per sempre col rimpianto di non averlo visto abbastanza. Pagherebbero chissà cosa, verosimilmente, per essere catapultati in una platea gremita qualsiasi dei Settanta. Per poi godersi, consci del rischio di essere più che altro travolti, l’agognata mitraglia di Libertà obbligatoria e (ancor più?) Polli di allevamento. I gaberiani, da sempre, si dividono in due categorie: quelli che prima o poi citano Non arrossire, Destra/sinistra, forse Qualcuno era comunista e (appunto) La libertà. E quelli che prestano tutta la loro attenzione al Gaber post-televisivo: quello, vale a dire, del Teatro-Canzone. I primi, a dirla tutta, più che gaberiani sono conoscitori superficiali. Gli altri, oltre che gaberiani, hanno perso un pezzo di sé il Primo Gennaio 2003: il giorno della sua scomparsa, il giorno dell’inizio di questo libro.
Barzi e Gerasi immaginano l’incontro tra un bambino G incompreso (anzitutto dai suoi genitori) e un uomo G, che è poi il Gaber ortonimo: Giorgio è qui l’amico e il maestro, presenza ora immaginata e ora palpabile, ora ironica e subito dopo iconoclasta. Per niente facile, per sempre prezioso. Nessun dubbio sulla passione degli autori, ma qui oltre alla competenza c’è talento. Tornano gli stivaletti gialli. Torna quel profilo assurdo e inimitabile che qui trova un’esaltazione prodigiosa nella sua declinazione disegnata. E torna pure Lona, il pastore tedesco Lona, con la sua violenza aggressiva e docile, rea di amare troppo e dunque di operare un ricatto emotivo: il cane lo fa involontariamente, gli uomini proprio no.
Dev’essere stata dura citare questo e non quello. Okay togliere tutto il Gaber dei Sessanta, al di là di un gustoso cameo di Snoopy contro il barone rosso, ma il resto? Come fai a condensare tutto il resto? Semplice: non fai. Perché non puoi. L’unica bussola possibile, in questi casi, è la scelta ponderata e rispettosa: ecco, ci siamo. G&G è un libro ispirato, appassionato e sorprendente. Un atto d’amore. Un ringraziamento. Una porta per entrare in un mondo sterminato. E una maniera – garbata e un po’ folle – per dirci una volta di più che “c’è una fine per tutto, e non è detto che sia sempre la morte.”Buona lettura, buona appartenenza. E un “bravo” ancora agli autori.